Nella mia esperienza di psicoterapia ho sperimentato che amare sé stessi, ciò che siamo veramente, è molto difficile. Spesso ci impegniamo e soffriamo per amare qualcun altro cercando di trovare in lui o in lei le risposte ad un vuoto di senso e ad una solitudine che abita in noi. Ma, come dice Jung, “amare ciò che sei, quella cosa che coincide con te, è esattamente come stringere a sé un ferro incandescente: ti brucia dentro, ed è un vero supplizio”. Ma non si può fuggire da sé stessi per sempre, è a sé che bisogna tornare per incontrare quello straniero che è il nostro Io.

Lo scrive bene il poeta caraibico Derek Walcott, Nobel per la poesia nel 1992. Questi versi racchiudono per me il senso di un percorso di Psicoterapia: amare lo straniero che è il mio Io, nutrirlo con pane e vino, accoglierlo e riconoscere che proprio lui mi ha amato per tutta la vita, nonostante io l’abbia ignorato. E’ nel guardare la sua immagine allo specchio che posso alla fine dire: “Siediti, è festa! La tua vita è in tavola”.

Amore dopo Amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.

Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.

Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.

Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.

Le parole hanno un valore profondo. Quando sono vere, sensate e sincere, curano i cuori che piangono. Servono a sanare i conflitti e lenire sofferenze. Le parole sono sacre.   (Aminata Traoré)